Termini e concetti di base
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* Dignità | * Dignità | ||
+ | LE PAROLE SCONOSCIUTE DELLA COSTITUZIONE | ||
+ | Nell’articolo 3 della Costituzione Italiana viene riconosciuta pari dignità sociale a tutti i cittadini. Eppure nel 1948 (anno della sua entrata in vigore), all’interno della popolazione persistevano profonde discordanze culturali ed economiche che continuavano a suddividerla in rigide classi: contadini, operai, borghesi, ricchi latifondisti etc., ancora permeate da un forte campanilismo. In altri tempi queste differenze erano arrivate a giustificare la schiavitù, anche agli occhi di grandi filosofi come Platone ed Aristotele, poiché erano sufficienti a rendere una parte di umanità inferiore ad un’altra. Cos’era, dunque, cambiato perché un pastore sardo o un povero malato di mente avessero diritto allo stesso rispetto di un industriale milanese o di un titolato romano? Molto semplicemente il valore attribuito alla persona. | ||
+ | Fino ad allora esso era stato progressivamente messo in crisi dalla presenza di stati totalitari che assorbendo l’uomo nella sostanza collettiva lo riducevano ad un prodotto accessorio (un accidente, per dirlo alla Hegel) dello Stato, privandolo quindi di quei diritti, come per esempio la libertà che per natura sono inviolabili ed universali. Illuminante in questo senso è la posizione del filosofo Hobbes che nel Leviatano (1651) dà alla dignità umana fuori dall’apparato statale la valenza del due a briscola, in quanto la identificava con il valore pubblico attribuito al cittadino dallo stato tramite l’assegnazione di cariche ufficiali e impieghi pubblici. È possibile ritrovare questa linea di pensiero nella definizione data dai dizionari più antiquati come il “Novissimo Melzi”, ristampato nel 1963 ma la cui stesura è assai antecedente (la morte dell’autore risale al 1911). I vocabolari più recenti, invece, la definiscono come il doveroso rispetto dovuto ad ogni uomo in quanto essere umano. | ||
+ | Il moderno concetto dignitario, infatti, è basato sull’eredità della Dichiarazione d’Indipendenza Americana (1776) e della Rivoluzione Francese (1789) e pone l’uomo in posizione di anteriorità rispetto alle istituzioni statali, riconoscendogli una natura libera e spirituale che trascende qualsiasi idea di tempo e qualsivoglia diversità culturale. In passato era stata scomodata anche la religione con tutta l’antropologia biblica per giustificare questa posizione: essendo tutti figli di Dio, creati a Sua immagine, a tutti spetta la medesima dignità. Oggi, invece, si pone il fondamento di questa convinzione nell’irripetibilità della persona, nella sua capacità di creare sempre nuovi inizi e nell’autonomia della sua volontà. Quest’ultimo punto è di particolare importanza in quanto ogni uomo è possessore di una volontà indipendente da quelle altrui, che deve essere perciò lasciata libera di prendere le sue decisioni da sola. Inoltre, come sostiene Kant, essa è l’unico principio di tutte le leggi morali e dei conseguenti doveri. Quindi, poiché non può obbedire a regole che siano a lei estranee ne deriva che le leggi debbano essere universali. In questo modo, oltrepassando le differenze personali esse arrivano ad avere un fine totalitario e ad essere democratiche poiché essendo conformi a tutte le volontà possono essere seguite da tutti non per interesse o per costrizione, ma per dovere. | ||
+ | Nonostante la dignità umana sia oggi riconosciuta in tutte le Costituzioni moderne, non è purtroppo difficile trovare dei casi in cui essa non viene rispettata. Ne sono un triste esempio le torture perpetrate ai prigionieri iracheni nella prigione di Abu Ghraib dagli Americani e i vari genocidi alcuni dei quali ancora in corso tra cui ricordiamo quelli in ruanda, armenia darfur e altri già conclusi come quello dei Balcani. | ||
+ | (Silvia Zappelli, IV A Liceo scientifico Vallisneri) | ||
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* Individuo | * Individuo |
Versione delle 16:54, 25 gen 2010
- Dignità
LE PAROLE SCONOSCIUTE DELLA COSTITUZIONE Nell’articolo 3 della Costituzione Italiana viene riconosciuta pari dignità sociale a tutti i cittadini. Eppure nel 1948 (anno della sua entrata in vigore), all’interno della popolazione persistevano profonde discordanze culturali ed economiche che continuavano a suddividerla in rigide classi: contadini, operai, borghesi, ricchi latifondisti etc., ancora permeate da un forte campanilismo. In altri tempi queste differenze erano arrivate a giustificare la schiavitù, anche agli occhi di grandi filosofi come Platone ed Aristotele, poiché erano sufficienti a rendere una parte di umanità inferiore ad un’altra. Cos’era, dunque, cambiato perché un pastore sardo o un povero malato di mente avessero diritto allo stesso rispetto di un industriale milanese o di un titolato romano? Molto semplicemente il valore attribuito alla persona. Fino ad allora esso era stato progressivamente messo in crisi dalla presenza di stati totalitari che assorbendo l’uomo nella sostanza collettiva lo riducevano ad un prodotto accessorio (un accidente, per dirlo alla Hegel) dello Stato, privandolo quindi di quei diritti, come per esempio la libertà che per natura sono inviolabili ed universali. Illuminante in questo senso è la posizione del filosofo Hobbes che nel Leviatano (1651) dà alla dignità umana fuori dall’apparato statale la valenza del due a briscola, in quanto la identificava con il valore pubblico attribuito al cittadino dallo stato tramite l’assegnazione di cariche ufficiali e impieghi pubblici. È possibile ritrovare questa linea di pensiero nella definizione data dai dizionari più antiquati come il “Novissimo Melzi”, ristampato nel 1963 ma la cui stesura è assai antecedente (la morte dell’autore risale al 1911). I vocabolari più recenti, invece, la definiscono come il doveroso rispetto dovuto ad ogni uomo in quanto essere umano. Il moderno concetto dignitario, infatti, è basato sull’eredità della Dichiarazione d’Indipendenza Americana (1776) e della Rivoluzione Francese (1789) e pone l’uomo in posizione di anteriorità rispetto alle istituzioni statali, riconoscendogli una natura libera e spirituale che trascende qualsiasi idea di tempo e qualsivoglia diversità culturale. In passato era stata scomodata anche la religione con tutta l’antropologia biblica per giustificare questa posizione: essendo tutti figli di Dio, creati a Sua immagine, a tutti spetta la medesima dignità. Oggi, invece, si pone il fondamento di questa convinzione nell’irripetibilità della persona, nella sua capacità di creare sempre nuovi inizi e nell’autonomia della sua volontà. Quest’ultimo punto è di particolare importanza in quanto ogni uomo è possessore di una volontà indipendente da quelle altrui, che deve essere perciò lasciata libera di prendere le sue decisioni da sola. Inoltre, come sostiene Kant, essa è l’unico principio di tutte le leggi morali e dei conseguenti doveri. Quindi, poiché non può obbedire a regole che siano a lei estranee ne deriva che le leggi debbano essere universali. In questo modo, oltrepassando le differenze personali esse arrivano ad avere un fine totalitario e ad essere democratiche poiché essendo conformi a tutte le volontà possono essere seguite da tutti non per interesse o per costrizione, ma per dovere. Nonostante la dignità umana sia oggi riconosciuta in tutte le Costituzioni moderne, non è purtroppo difficile trovare dei casi in cui essa non viene rispettata. Ne sono un triste esempio le torture perpetrate ai prigionieri iracheni nella prigione di Abu Ghraib dagli Americani e i vari genocidi alcuni dei quali ancora in corso tra cui ricordiamo quelli in ruanda, armenia darfur e altri già conclusi come quello dei Balcani. (Silvia Zappelli, IV A Liceo scientifico Vallisneri)
- Individuo
- Persona
- Cittadino
- Soggetto
- Libertà
- Sicurezza