Discussione:Quali sono oggi i modelli di integrazione più diffusi?

Da Wikiscuola.

Versione delle 08:06, 21 dic 2009, autore: 80.183.231.162 (Discussione)
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Per affrontare il problema del multiculturalismo, all’interno degli stati, che ha portato alla formazione dei tre diversi modelli di integrazione è bene fare un esempio storico, ripreso da dei documenti di Mario Quaranta, socio onorario dell’Associazione Docenti Italiani.
Insegnante di storia e filosofia, è anche un acuto analista della storia della scuola italiana, ha infatti pubblicato vari testi a riguardo.
Con la lotta dei franco-canadesi per il bilinguismo nelle istituzioni statali e il biculturalismo scolastico, alla fine degli anni ‘60 nasce in Canada il termine multiculturalismo. Per culturalismo i francofoni intendono una condizione in cui francofoni e inglesi coesistono con separazione e autonomia gli uni dagli altri.
Con la politica multiculturalista adottata nel 1971 dal governo Trudeau si ha la netta divisione di due culture con propria identità, determinate dalla loro differente storia.
In Australia e in Svezia, il multiculturalismo è volto ad assicurare una coesione civile, senza pretendere una conformazione, rispettando dunque le diverse minoranze culturali.
Il multiculturalismo ha incontrato però inevitabilmente qualche problema, riguardo alla scuola soprattutto in Europa, dove è più esplicita la volontà di esprimere una certa cultura del paese.
Invece nella cultura anglosassone esistono due filosofie in contrasto tra di loro, quella liberale e quella comunitaria.
La prima sostiene il primato della libertà individuale garantita da uno stato neutrale verso la religione, la cultura e la politica.
Questa mentalità vede una netta scissione tra stato e chiesa ritenendo la propria confessione religiosa un fatto puramente privato e quindi non rientrante nei doveri dello stato.
La seconda invece crede fermamente nell'esistenza di un identità naturale dell'individuo in cui lo stato, al contrario della filosofia liberale, non deve essere neutrale ma ha l'obbligo di occuparsi del bene comune di ogni cittadino comprese le minoranze etniche che si trovano all'interno di esso.
La globalizzazione ha determinato nuovi ed inediti rapporti tra gli Stati e tra gli individui, in parole povere ha reso evidente la necessità di forme nuove di convivenza sociale e civile regolata dai rapporti tra diversi gruppi sociali e culturali.
Di conseguenza le identità culturali e etniche ma anche gli stessi individui hanno subito modificazioni nelle loro condizioni di vita, nei rapporti sociali e nella stessa percezione della loro condizione umana.
Uno degli effetti più rilevanti che ha portato il multiculturalismo è stata l'eclissi dello Stato-Nazione nella regolazione del mercato e un indebolimento nella capacità di regolazione dei conflitti interni causati dalle rivendicazioni da parte delle minoranze e dei gruppi minoritari.
Il risultato di questi effetti è stato un indebolimento dello Stato-nazione cioè la messa in discussione dei tre modelli fondamentali di integrazione degli immigrati con i conseguenti problemi del loro ruolo nella società, dei loro diritti e del riconoscimento delle loro culture.
Questo è infatti il problema più grosso che ha sollevato il multiculturalismo:
le società moderne sono, infatti, a tutti gli effetti società multiculturali e devono dunque “adattarsi” a riconoscere le minoranze culturali ed etniche.

Pensi che questo problema sia presente anche in Italia?
Se sì, come deve comportarsi lo Stato?
L'indebolimento dello Stato-Nazione è dovuto al fatto che sono stati messi in discussione i modelli di integrazione degli immigrati.
Per questo in Europa si sono affermati tre modelli diversi di integrazione sociale:

  • il “modello assimilazionista” francese, basato sull'idea che chi sceglie di far parte di una comunità nazionale deve condividerne gli ideali e le tradizioni;
  • il “modello pluralista” inglese, che accetta un certo grado di diversità sia culturale che religiosa espressa nello spazio pubblico;
  • il “modello di istituzionalizzazione delle precarietà” tedesco, che considera gli immigrati ospiti temporanei dello Stato, infatti, ne tutelano le diversità in vista del loro rientro nel loro Stato.

    Quale pensi sia il modello più laico, cioè con la più netta divisione tra Stato e Chiesa?

    Quale pensi sia il modello adottato in Italia?

    In Italia, a proposito della scuola multiculturale, sono stati redatti molti documenti e in alcuni decreti sull’immigrazione è stato presentato anche l’aspetto dell’integrazione sociale.
    La questione rimanda soprattutto ad un problema di tipo linguistico: il rapporto tra la lingua italiana e la lingua madre.
    Maria Omodeo, ne “La scuola multiculturale” sostiene che non si debbano esercitare delle pressioni sugli studenti immigrati e di valorizzare comunque l’uso della lingua d’origine, essendo essenziale in famiglia.
    L’articolo del 27 ottobre 2009 del Sole 24 ore, inserto Junior, “Mantova è la più multietnica”, attraverso il fatto che un bambino di origine cinese abbia vinto il premio per una poesia scritta in dialetto, per osservare che nel Nord d’Italia il numero degli studenti stranieri è maggiore rispetto al sud e che comunque è possibile l’integrazione degli alunni.
    L’insegnamento deve avere come scopo un’educazione collettiva, coinvolgendo oltre agli studenti e agli insegnanti, anche i dirigenti e le famiglie.
    C’è quindi la necessità di un modello non centralizzato, in quanto non si possono affrontare queste nuove problematiche con modelli di un passato in cui l’immigrazione non era a questi livelli.

    Come pensi si possano integrare in modo migliore gli studenti stranieri?
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