Fonti
Antologia delle fonti altomedievali
a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto
© 2000 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
2. L’elezione all’impero (A) Eginardo, Vita
di Carlo, SRG, 28. (B) Vita di Leone
III, Pontificale romano, II, p. 7. (C) Annali dei regno
dei Franchi, SRG, anno 800. (D) Thegan, Vita dell’imperatore
Ludovico, SS 2, 6. (A) Le cause della sua ultima
venuta [a Roma] non furono solo queste, ma ci fu anche il motivo che
i Romani avevano costretto papa Leone a invocare la protezione del re,
avendogli fatto subire molte violenze, cioè a dire gli avevano
strappati gli occhi e tagliata la lingua. Perciò venne a Roma
per rimettere a posto la situazione della Chiesa, che era diventata
eccessivamente confusa, e vi si trattenne per tutto il periodo invernale.
In questo periodo prese il titolo di imperatore e di Augusto. Il che
dapprima lo contrariò a tal punto che giunse a dichiarare che
in quel giorno, anche se era una delle più grandi festività,
mai sarebbe entrato in chiesa se avesse potuto supporre quale era il
progetto del pontefice. In seguito però sopportò con grande
tolleranza l’odio suscitato dall’aver egli assunto quel titolo, sdegnandosi
soprattutto di ciò gli imperatori romani, vinse la loro arrogante
fierezza con la sua magnanimità, nella quale indubbiamente li
superava di gran lunga, e ottenne ciò mandando loro frequenti
ambascerie e chiamandoli fratelli nelle sue lettere.
Eginardo, Vita di Carlo, SRG, 28.
Testo originale (B) Dopo qualche tempo lo stesso
grande re, essendosi recato nella basilica del beato Pietro Apostolo
dove fu ricevuto con grande onore, fece riunire nella medesima chiesa
arcivescovi, vescovi, abati e tutta la nobiltà dei Franchi e
dei Romani. E sedendo entrambi, tanto il grande re che il pontefice,
fecero sedere anche i santissimi arcivescovi, vescovi e abati, mentre
gli altri sacerdoti e gli ottimati franchi e romani rimasero in piedi,
affinché tutti conoscessero i crimini che erano stati addebitati
all’almo pontefice. Udendo ciò, tutti gli arcivescovi, vescovi
e abati dissero all’unanimità: “Noi non osiamo giudicare
la sede apostolica, che è alla testa di tutte le chiese. Infatti
siamo noi ad essere giudicati da essa e dal suo vicario, mentre essa
non sottoposta al giudizio di alcuno, secondo l’antica usanza. Ma poiché
lo stesso sommo pontefice lo ha stabilito, secondo i canoni obbediremo”.
Disse allora il venerabile presule: “Seguo le orme dei miei predecessori
e sono pronto a purificarmi di tali false accuse che, con malvagità,
sono sorte repentinamente contro di me”. Il giorno seguente, nella
stessa basilica dal beato Pietro, alla presenza tutti gli arcivescovi,
i vescovi, gli abati, di tutti i Franchi che erano al seguito dello
stesso grande re e di tutti i Romani, il venerabile prelato e pontefice,
abbracciando i quattro santi vangeli di Cristo, davanti a tutti salì
sull’ambone e sotto giuramento disse con voce chiara: “Non so
nulla di questi falsi crimini che mi attribuirono i Romani che mi hanno
ingiustamente perseguitato, e so di non aver fatto tali cose”.
Fatto ciò, tutti gli arcivescovi, i vescovi, gli abati e tutto
il clero, pronunciate le litanie, innalzarono lodi a Dio e alla nostra
signora Maria madre di Dio sempre vergine e al beato Pietro, principe
degli apostoli e di tutti i santi di Dio.
Dopo di che, essendo arrivato il giorno del Natale di Nostro Signore
Gesù Cristo, si riunirono tutti insieme di nuovo nella medesima
basilica del beato Pietro apostolo. E allora il venerabile e benefico
presule incoronò [Carlo] con le sue mani con una preziosissima
corona. Allora tutti i fedeli Romani, vedendo quanta protezione e amore
aveva avuto per la santa Chiesa romana e per il suo vicario, per volontà
di Dio e del beato Pietro possessore delle chiavi del Regno dei Cieli
esclamarono all’unanimità con voce altisonante: “A Carlo,
piissimo augusto coronato da Dio, grande e pacifico imperatore, vita
e vittoria!” Fu detto per tre volte, davanti alla sacra confessione
del beato Pietro apostolo, invocando contemporaneamente parecchi santi;
e così da tutti fu fatto imperatore dei Romani. Subito il santissimo
sacerdote e pontefice unse re il suo eccellentissimo figlio Carlo con
l’olio santo, nello stesso giorno del Natale di Nostro Signore Gesù
Cristo.
Vita di Leone III, Pontificale romano, II, p. 7.
Testo originale (C) Nello stesso giorno santissimo
della nascita del Signore, allorché il re durante la messa si
alzava dalla preghiera davanti alla confessione del beato Pietro apostolo,
il papa Leone gli impose la corona sul capo, e fu acclamato da tutto
il popolo romano: “A Carlo, augusto, coronato da Dio, grande e
pacifico imperatore romano, vita e vittoria!” E dopo le laudi
fu adorato dal papa secondo l’uso degli antichi principi e, deposto
il nome di patrizio, fu chiamato imperatore ed augusto.
Annali dei regno dei Franchi, SRG, anno 800.
Testo originale (D) L’imperatore, comprendendo
che si avvicinava il giorno della sua morte – era infatti molto vecchio
– chiamò a sé il figlio Ludovico insieme a tutto l’esercito,
ai vescovi, agli abati, ai duchi, ai conti, ai visconti: li riunì
tutti per un colloquio, pacificamente e onestamente, nel palazzo di
Aquisgrana, esortandoli a dar prova della loro fedeltà a suo
figlio e chiedendo a tutti loro, dal più importante al meno degno
di nota, se fossero d’accordo sul fatto che egli tramandasse il suo
titolo imperiale al figlio Ludovico. Tutti esultanti risposero che era
la volontà di Dio. Ciò fatto, la domenica successiva si
adornò dei paramenti regali e si pose in capo la corona; avanzando
splendido nelle sue vesti adorne, come a lui si conveniva, raggiunse
la chiesa che egli stesso aveva edificato dalle fondamenta; giunto davanti
all’altare che era disposto in un punto più alto rispetto agli
altri altari, e consacrato a Nostro Signore Gesù Cristo, ordinò
che vi fosse deposta una corona d’oro, che non era quella che portava
in capo. Dopo che egli stesso e suo figlio si furono a lungo raccolti
in preghiera, parlò al figlio di fronte alla moltitudine dei
suoi vescovi ed ottimati. […] Dopo aver pronunciato queste parole
ed avere fatto molte raccomandazioni a suo figlio, di fronte a una gran
folla, gli chiese se fosse sua volontà ubbidire ai suoi precetti.
Ludovico rispose che avrebbe ubbidito volentieri e, con l’aiuto di Dio,
avrebbe osservato tutti i precetti che il padre gli aveva comunicato.
Il padre gli ordinò allora di prendere la corona, che stava sull’altare,
con le sue stesse mani e di porsela in capo a ricordo di tutti i consigli
che il padre gli aveva dato. Egli ubbidì all’ordine del padre.
Ciò fatto ascoltarono il rito solenne della messa e fecero ritorno
a palazzo.
Thegan, Vita dell’imperatore Ludovico, SS 2, 6.
Testo originale
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